L’estate che conobbi il Che

Recensione a cura della Scuola secondaria di primo grado I.Calvino di Modena
L’estate che conobbi il Che, di Luigi Garlando, è un libro che ho trovato molto particolare, semplice da leggere e molto interessante dal punto di vista storico. Cesare è un bambino benestante, si intuisce dalle manie di grandezza di suo padre a partire dai nomi dei suoi figli (Cesare ha una sorella di nome Regina), fino all’enorme jeep e alla villona.
Personalmente, mi è piaciuto molto come Luigi Garlando sia riuscito a staccarsi un po’ dalla storia del figlio del tagliatore di teste e del Che, in un gioco di altalene tra passato e presente fatto di piccole vicende quotidiane come l’idea dello “scratch” di Cesare, del suo cavallo immobile, Blanco, del suo robot Ambrogino o dei solchi delle palline da ping-pong sulla lapide di nonna Rebecca, lasciate lì al posto dei fiori.
E il nonno del ragazzo apre a Cesare il mondo rivoluzionario di un passato non molto lontano, narrando la storia di Che Guevara come fosse un amico d’infanzia e valorizzando dettagli che io non immaginavo nemmeno: parla del bivio che il Che deve affrontare, o dei “cinque euro di fiato” che deve usare con cura, del suo coraggio nell’affrontare le ingiustizie altrui, perché “un vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo”.
E il Che li sentiva bene quegli schiaffi: quelli presi dai lebbrosi, lasciati a marcire in condizioni disumane, quelli presi dai minatori di Antofagasta, che lavorano sottoterra tutti giorni, anch’essi in condizioni bestiali, e di tutti i perseguitati, i poveri e i malati. Per questo al bivio sceglie la strada della rivoluzione, per combattere le innumerevoli ingiustizie che pian piano sgretolano le speranze di pace e di libertà.
Grazie agli insegnamenti del Che, trasmessi dal nonno, Cesare capisce che la rivoluzione sta nelle piccole cose: non sono necessari guerra, armi, imboscate…basta un gesto, un cenno o un sorriso, una penna raccolta, una monetina nel cappello di un mendicante, un fiore dietro la schiena, un “perfavore” oppure un semplice grazie.